A Mogilev, dopo aver partecipato alle proteste è stato licenziato il vicedirettore del museo
25 agosto 2020, 11:27 | Anjelika Vasilevskaya, TUT.BY
A Mogilev per la partecipazione alle azioni di protesta contro la violenza ed il suo messaggio rivolto al responsabile per la cultura del Comitato Esecutivo Regionale, è stato licenziato il vicedirettore del Museo artistico regionale dedicato al nome di Maslenikov. Aleksandr Balberov sostiene che lo staff del museo è adesso giù di morale per «l’impossibilità di esprimere liberamente la propria opinione». Mentre la direttrice del museo, una ex dirigente del Comitato Esecutivo Regionale, afferma che «il potere ora ha diritto a tutto».
Il 13 agosto i dipendenti del museo d’arte «Maslenikov» nella regione di Mogilev hanno scritto una lettera aperta a Oleg Stelmashka, responsabile per la cultura presso il Comitato Esecutivo Regionale. In questa lettera si protestava contro gli atti violenti commessi dalla polizia e dalle forze speciali negli arresti verificatesi in tutta la Bielorussia.
Lo staff del museo ha espresso solidarietà con gli attori e i dipendenti del teatro di drammaturgia della regione e del teatro Kupala di Minsk; hanno inoltre chiesto di analizzare in modo oggettivo le ragioni e le cause dell’arresto di Vladimir Petrovich, attore e regista del teatro di drammaturgia di Mogilev. Si ricorda che Petrovich è stato arrestato durante una passeggiata e successivamente condannato a tre giorni di reclusione.
Tutto questo si deve al fatto, come sostiene Aleksandr Balberov, che Elena Bobrova – ex vicedirettrice del dipartimento della cultura del Comitato Esecutivo Regionale di Mogilev, in carica da gennaio 2019 – lo abbia convocato quel giorno per parlare.
«Al centro del discorso il fatto che al ministero della cultura si era tenuta una riunione a porte chiuse, durante la quale era stato dato l’ordine di scoprire gli umori di protesta all’interno dello staff, comunicare le informazioni sui dipendenti che prendono parte alle manifestazioni e chiamare la polizia per i dipendenti che fomentano la protesta» dice Balberov. «Ho risposto in modo franco alla direttrice che questo modo di fare non corrisponde ai miei principi morali e civici e che non volevo farlo. Inoltre le ho detto che doveva comunicare apertamente la situazione allo staff, invece di nasconderla. Alle mie parole è stato risposto che «il potere adesso ha diritto a tutto».»
In seguito, secondo le parole di Balberov, lui sarebbe intervenuto a una riunione dei dipendenti, durante la quale avrebbe raccontato tutto poiché «non voleva essere complice di questa menzogna, di questa violenza contro il diritto di ognuno ad avere un’opinione opposta». Dopodichè assieme a metà dei dipendenti, hanno scritto la lettera rivolta al responsabile della cultura del Comitato Esecutivo Regionale di Mogilev.
«Il risultato è stato che mi hanno accusato di essere un fomentatore. Mi hanno detto che ho messo in rivolta il collettivo contro il direttore, che incito le persone a scioperare e screditare l’istituzione, perseguendo i miei obiettivi politici», dice Balberov. «Mi hanno tolto il ruolo di vicedirettore e mi hanno confiscato i documenti, ovvero la lettera e l’ordine di assunzione relativi alla mia nomina a vicedirettore scientifico. Fino a luglio ricoprivo il ruolo di vicedirettore e responsabile del dipartimento di editoria scientifica e marketing. La nomina a vicedirettore esecutivo era arrivata all’inizio di agosto, invece adesso viene fuori che io fossi vicedirettore esecutivo fino al 21 luglio … quindi dopo, tutto quello che ho firmato come vicedirettore esecutivo fino al 21 agosto è diventato illegale?»
Balberov è stato allontanato dai progetti di cui era responsabile, ad esempio la creazione di un’esposizione per il Giorno della scrittura bielorussa del museo d’arte ancora in costruzione a Belnichi.
La direttrice inoltre ha affermato che non vuole più lavorare con me perché racconto tutto agli altri dipendenti e che pertanto né lei né la dirigenza dell’Istituto della Cultura hanno più fiducia in me, dal momento che lo avrei screditato con le mie affermazioni durante la riunione dei dipendenti. La ragione principale era che, secondo la sua opinione e quella del dirigente del comitato esecutivo, in un’organizzazione governativa non può lavorare una persona che critica l’attuale linea di governo e che ha opinioni contrastanti, se non addirittura opposte. Inoltre sono stato anche accusato di aver in qualche modo sabotato il meeting in supporto a Lukashenko con la mia dichiarazione; per questo vi sarebbero andati solo 4 dipendenti del museo, invece di 35. Mi è stato detto che sono libero di fare tutto ciò, solo se presento le mie dimissioni.
Il 24 agosto era l’ultimo giorno di lavoro per Aleksandr. Dice che la lettera di dimissioni l’ha scritta da solo, ma è stato comunque fatto sotto coercizione.
Ho ritenuto necessario scrivere la lettera di dimissioni poiché io non voglio avere niente a che fare con questo sistema che ha trasformato la cultura e l’arte in una serva del governo e dell’ideologia, oltre che dei funzionari di stato e dei comitati regionali. Non voglio inoltre essere «un informatore» poiché ritengo che proprio nell’eterogeneità delle opinioni e delle posizioni ci possa essere uno sviluppo. Quello che mi è stato proposto non rientra in alcuna norma, né di tipo morale né giuridico, e somiglia molto alla sceneggiatura di un film sulla Germania nazista. E’ molto dura prendere coscienza del fatto che oggi, in questo paese, la diversità di opinione e la solidarietà con i colleghi possano essere un pretesto per delle pressioni nell’apparato amministrativo, e in prospettiva materiale per una causa penale.
Aleksandr Balberov afferma che il morale dello staff del museo è a terra perché tutti gli incontri con la dirigenza si possono riassumere nel seguente modo: «Il governo vi paga lo stipendio, cos’altro vi manca?»
La posizione della dirigenza è la seguente: se sei un dipendente statale, il diritto di avere un’opinione diversa è escluso a priori. E qui sorge una domanda: come è possibile costruire e sviluppare qualcosa se si ammette un solo punto di vista? Come in una situazione del genere ci può essere un dialogo costruttivo se tutto si riduce a presentate le dimissioni?
Aleksandr vede che molte persone hanno paura poiché «la dirigenza delle strutture governative crea deliberatamente un’atmosfera di sfiducia nelle persone, crea un’atmosfera di paura per i propri parenti e amici, nonché di incertezza sul futuro».
E’ una sorta di strisciante abuso psicologico, un lento pompare la situazione. Le persone vengono manipolate affermando che tutte le manifestazioni sarebbero sponsorizzate e dirette da qualcuno di esterno. Ma questo non è vero.
Dove andare a lavorare dopo tutto questo, Balberov non lo sa ancora. Lui è un insegnante, uno storico con laurea in archeologia. Aveva ricevuto una borsa di studio da parte del Fondo del Presidente, stanziata per il supporto di giovani di talento; ha curato e creato numerosi progetti espositivi, è autore di numerosi testi scientifici.
«Non mi perderò in ogni caso, afferma. Sapete, potrebbe sembrare che una volta date le dimissioni, tutto questo non porti a nulla e che non ne sia valsa la pena. Ma non è così. Prima di questo non c’era una tale unità di persone, solidarietà, unità di sentimenti anche con persone estranee. Questa è l’umanità, disponibilità a parlare e ad essere ascoltati e questa è una cosa reale. Mentre ciò che si regge solo sulla base di comandi, ordini, protocolli, violenza fisica e psicologica, prima o poi andrà in rovina. Perché la vita vincerà. Credo che sia possibile risolvere i problemi solo in una situazione di dialogo, in un atteggiamento rispettoso verso la persona, e non attraverso menzogne, attraverso lo scherno o toni di comando. La cultura e l’arte non saranno mai strumenti di violenza. La cultura e l’arte non possono essere al servizio dell’ideologia».