14 agosto 2020, 22:35, Alexander Klaskovsky, Naviny.by
A Minsk c’è un’atmosfera rivoluzionaria, ma l’euforia è pericolosa…
Oggi, diverse migliaia di lavoratori della Minsk Tractor Works e di altre imprese hanno raggiunto l’area di fronte al palazzo del governo con i loro striscioni. Ma nessun rappresentante del governo si è fatto vedere. L’autorità ha paura degli scioperi, ma la disponibilità a dialogare non si vede (a parte un paio di casi dove spaventati superiori sono usciti a cercare di calmare gli animi). Le Forze Speciali sono state ritirate dalle strade e si ha iniziato a far uscire i prigionieri che sono stati catturati “a caso” durante l’accelerazione delle proteste dopo le elezioni del 9 agosto.
A Minsk (e non solo a Minsk) c’è un’atmosfera rivoluzionaria. Catene di donne vestite di bianco con fiori in mano che vengono salutate dalle macchine suonando il clacson, giovani sventolando le bandiere dell’opposizione – cosa che fino a pochi giorni fa avrebbe scatenato i manganelli delle truppe militari, molti con le dita a “V” di vittoria.
Ma l’euforia è una cosa ingannevole e pericolosa. In realtà, il regime costruito da Alexander Lukashenko ha ancora un notevole margine di sicurezza, anche se la sua legittimità è stata scossa nelle ultime elezioni. E il suo “architetto” ha recentemente confessato in un’intervista con Dmitry Gordon: “Beh, non essere più il presidente… non lo posso neanche immaginare!”.
E quella sarebbe probabilmente la risposta di Lukashenko alla richiesta popolare delle sue dimissioni.
“Persone informate” e criminali
In una riunione del 14 agosto, l’attuale leader ha fatto finta che nel paese non stia accadendo nulla di speciale, disconoscendo le richieste di dimissioni e di nuove elezioni. Però si è lasciato scappare questa frase: «per cominciare, sono ancora vivo, e non all’estero, come alcune delle nostre “persone informate”». La parola “persone informate” conferma il suo tradizionale atteggiamento schizzinoso e minimizzante nei confronti degli avversari politici. A riguardo delle manifestazioni di strada degli ultimi giorni Lukashenko aveva di nuovo parlato in maniera satirica: «come abbiamo detto, gli iniziatori di tutto questo e gli organizzatori sono persone provenienti dall’estero. In prima fila ci sono persone con un passato criminale, un forte passato criminale…»
Questa interpretazione sembra particolarmente inconcludente visto che oggi stesso sono tornati in Russia (come previsto dall’autore di questo articolo) i 32 cittadini sovietici che le autorità e la propaganda, definendoli “i militanti di Wagner”, indicavano come elementi disturbatori mandati per creare disordini.
In generale, le proteste sono passate in una fase qualitativamente nuova, molto più pericolosa per il sistema di Lukashenko. Contro il caos aveva usato i manganelli, e la violenza su manifestanti pacifici, ma ora sostengono la protesta anche gli insegnanti, i medici, gli scienziati, tanti professionisti, artisti, atleti, i vescovi e anche parte dei dipendenti dei media statali.
Anche le catene umane create dalle donne con i fiori sono “elementi criminali”?
Spaventare i lavoratori con i manganelli è rischioso
E soprattutto, nell’arena politica sono scesi i lavoratori delle imprese, di cui il leader ufficiale ha sempre parlato con ammirazione (MAZ, MT3, “Grodno azot”,
“Belaruskaliy”, ecc). I lavoratori si stanno radunando in tutto il paese. Oggi, MT3 ha presentato le sue richieste: dimissioni di Lukashenko, elezioni legittime con la partecipazione di osservatori indipendenti, rilascio dei prigionieri politici, cessazione delle persecuzioni su candidati alternativi alla presidenza, libero accesso alle informazioni. L’ironia del destino è che il presidente (in carica da 26 anni) ha sempre cercato di compiacere le grandi industrie, ha dato loro prestiti e sussidi, ha evitato privatizzazioni che avrebbero danneggiato i lavoratori. Come marxista, ha chiaramente compreso il potere di questa classe e ha cercato di compiacerlo. In realtà nelle famose fabbriche i salari sono generalmente inferiori alla media. Ma la gente non protesta per i soldi, ma per la giustizia. Le loro richieste sono puramente politiche. I lavoratori si sono svegliati, sono arrabbiati e vogliono una nuova autorità. Minacciano scioperi già dal prossimo lunedì se le richieste non saranno soddisfatte.
Questa è una sfida senza precedenti per l’attuale governo. L’unico evento comparabile era stato prima dell’era di Lukashenko, al tramonto dell’URSS, quando nell’aprile del 1991 centomila Bielorussi sono scesi nella piazza Lenin a Minsk. Allora il problema era l’aumento dei prezzi, ma adesso si tratta del risultato delle elezioni e della risposta violenta del regime. Nel ’91, la leadership aveva calmato insoddisfazione con l’aumento dei salari, e in poche settimane l’onda era stata abbattuta. Allora avevano paura di disperdere i dimostranti con la forza, e non avevano le forze speciali di adesso.
Ma anche adesso, spaventare i lavoratori con i manganelli è una cosa rischiosa. Il “capo” del paese sta quindi instillando la paura delle possibili conseguenze economiche degli scioperi sui lavoratori stessi.
Vediamo se questo impressionerà i lavoratori. Hanno in mano una potente leva. Il fantasma dello sciopero ha una rilevanza nazionale – e la possibilità di uno sciopero terrorizza le autorità.
Tikhanovskaya avvia il Consiglio di Coordinamento
Nel frattempo, il pubblico progressista sta discutendo la questione. Con “chi” le autorità dovranno condurre il dialogo, un dialogo che l’opposizione ha sempre richiesto e mai ottenuto. Oggi MT3 ha formato un comitato di sciopero di 23 persone. Ma nel complesso, il movimento di lavoro sembra ancora frammentato, così come le loro richieste. Nel 1991 un simile comitato “repubblicano” era stato creato molto rapidamente e aveva gestito il dialogo con il governo, arrivando ad ottenere uno spazio quotidiano in televisione.
Oggi si è pronunciata dalla Lituania Svetlana Tihanovskaya, che, secondo i suoi sostenitori ha di fatto vinto le ultime elezioni. Per esempio, nella fabbrica “Grodno Azot” alla domanda “chi ha votato per Tikhanovskaya” hanno alzato le mani quasi tutti (si erano riuniti con la direzione della fabbrica e il sindaco della città da tre a quattromila dipendenti). I lavoratori della “Naftan” di Novopolotsky hanno oggi richiesto di riconoscere Svetlana Tihanovskaya “nuovo presidente in carica, avendo legittimamente vinto l’elezione del Presidente della Repubblica di Belarus 2020”. Tikhanovskaya stessa è convinta che “i bielorussi non vorranno mai più vivere con la precedente autorità, la maggioranza non crede nella vittoria di Lukashenko”, e quindi ha avviato la creazione di un Consiglio di Coordinamento per garantire il trasferimento del potere. Di questo Consiglio, ha detto Tikhanovskaya, potranno fare parte i rappresentanti della società civile, i bielorussi rispettati e famosi, i professionisti del loro mestiere. L’ex candidato ha detto che lei e il suo team sono pronti per il dialogo con le autorità.
Ma l’effettivo sviluppo di questa idea di un Consiglio di Coordinamento rimane questione aperta. I movimenti di opposizione tradizionale, preesistenti, non sono in sintonia con questi inaspettati sviluppi, anche se attendevano qualcosa di simile da tanti anni. È vero, i leader di sei differenti strutture politiche sono intervenuti oggi con una dichiarazione su come uscire dalla crisi politica, con aspre richieste come le dimissioni e l’arresto degli alti ranghi delle forze dell’ordine, così come dei membri della Comitato Elettorale Centrale, guidato da Lydia Ermoshina. Ma la domanda è: chi c’è dietro questo ultimatum?
Il potere cambia tattica
Il riconteggio dei voti che chiede la Tikhanovskaya (e per il quale alcune imprese manifestano) secondo un certo numero di commentatori non è una buona idea. Primo, le elezioni stesse sono state organizzate in maniera scorretta. Il secondo motivo è che ci potrebbero essere stati brogli durante la fase di voto anticipato, con schede elettorali falsificate. Terzo, le schede potrebbero essere state sostituite dopo le elezioni.
Ma il problema principale è che Lukashenko, a quanto pare, non pensa ad alcun dialogo. Sì, il tentativo di placare il malcontento con proiettili di gomma e botte nei furgoni della polizia o in cella non è riuscito. E ha dovuto fare un passo indietro. Ma questo è solo un cambiamento di tattica per estinguere l’onda di protesta e riprendere il controllo della situazione.
Se non funzionerà “con le buone maniere”, probabilmente Lukashenko ricorrerà allo stato di emergenza. E in generale, il sistema potrebbe trasformarsi in uno stato di polizia, come dicono alcuni politologi, o in un regime militare.
Lo sviluppo della trama politica bielorussa dipende in gran parte, anzi, in misura decisiva, dall’umore e dal comportamento dei lavoratori. Quando la classe operaia è scesa in piazza, ai piani alti sono sicuramente rabbrividiti.