12 parole per aiutarvi a capire la cultura della Bielorussia

16 settembre 2020 | Anton Somin, Arzamas
Source: Arzamas

Perché togliersi le scarpe quando si sale sulle panchine durante una manifestazione di protesta non dimostra la pamyarkoŭnasts’ (docilità) dei bielorussi, bensì la loro hodnasts’ (dignità umana)? Chi guida l’autobus: vadzitsel russo o kiroŭtsa polacco? Quali magliette indossano i bielorussi: futbolki, tsishotki o sakolki? Come gli scoiattoli hanno sostituito le lepri [un appellativo scherzoso dei rubli bielorussi post sovietici degli anni 90, che rappresentavano immagini degli animali comuni della Bielorussia – N.d.T.] e qual è la ricetta autentica dei draniki (frittelle di patate)? Parliamo con tenerezza della cultura della Bielorussia.

È piuttosto difficile rispondere alla domanda su cosa sia la cultura bielorussa. Ci si dovrebbe rimandare al glorioso passato del Granducato di Lituania, «esteso tra i due mari» [il Mar Baltico e il Mar Nero – N.d.T.]? Oppure alle idee sovietiche sul paese dei partigiani, delle cicogne e del lino? È una realtà quotidiana con discussioni su latte condensato e frittelle di patate? Oppure un’alta cultura degli intellettuali che ci tengono alla salvaguardia dell’identità nazionale bielorussa? Gli intellettuali che ragionano sulla hodnasts’, dignità, e sulla shchyrasts’, sincerità, della gente? Sono dei memi e citazioni comprensibili solo ai bielorussi oppure degli stereotipi sulla Bielorussia diffusi al di fuori dei suoi confini: patate, strade pulite, Lukashenko? È possibile spiegare in modo esauriente la cultura bielorussa sia ai russi che ai francesi, oppure la scelta delle parole che la spieghino bene ai russi dovrebbe essere diversa? Infine, se la Bielorussia odierna è quasi interamente russofona, di quale lingua dovrebbero essere queste parole: di lingua russa, di quella bielorussa o addirittura di cosiddetta trasyanka, una lingua mista dovuta al bilinguismo dei bielorussi? Sembra che la risposta corretta sia: un po’ di tutte e tre.

1. Tuteishy

Nostrano, del luogo

Vicino alla chiesa polacca. Dipinto di Ferdinand Ruschitz, 1899.
Source: Pinacoteca Nazionale della Repubblica di Belarus via Arzamas

In bielorusso, «qui» è tut, quindi uno «del luogo» è tuteishy. La gente comune che viveva sul territorio bielorusso ebbe problemi con la propria auto identificazione nazionale fino all’inizio del periodo sovietico. Nel 1903, l’etnografo Yevfimy Karsky scrisse: «Al momento, la gente comune in Bielorussia non conosce questo nome [bielorusso]. Alla domanda: chi sei? Un popolano risponde: sono russo, e se è cattolico, si definisce cattolico o polacco; a volte chiamerà Lituania la sua patria, e altre volte dirà semplicemente che è tuteishy, del luogo. È ovvio che così si distingua da una persona che parla il grande-russo, ovvero è forestiera nel territorio occidentale». Così, ad esempio, inizia una delle principali poesie bielorusse: «Khto ty hetky» («Chi sei?») del famoso poeta e scrittore bielorusso Janka Kupala, scritta nel 1908 e diventata canzone del gruppo «Lyapis Trubetskoy» nel 2013:

Tu chi sei?
– Sono nostrano, tuteishy.

Fu più o meno così anche con la lingua: durante il censimento della popolazione dell’Impero russo nel 1897, le persone alzavano le spalle e rispondevano: «Parliamo lingua nostra». 

Indubbiamente, l’identificazione di sé come «nostrano», e la propria lingua come «nostra», è sempre stata caratteristica di vari popoli. Tuttavia, tra i bielorussi, l’idea di tuteyshasts’ ha acquisito lo status di simbolo, essendo passata dal campanilismo, valutato criticamente, all’orgoglio nazionale del popolo, e da più di un secolo rimane oggetto di polemiche: come nel 1906 potette uscire l’articolo «La nostra tuteishasts’», così nel 2010 fu pubblicato un altro articolo «I bielorussi: sono i “tuteishyya” o una nazione?»

Nel 1922 lo stesso scrittore Janka Kupala scrisse la tragicommedia «Tuteishyya». Il personaggio principale di quest’opera teatrale non si preoccupa se vive sotto il governo polacco, tedesco, zarista o sovietico, che sia bielorusso o meno. L’importante che ci siano cibo e vestiti. Tra i personaggi ci sono anche due studiosi: quello dell’Occidente e quello dell’Oriente, che dimostrano l’appartenenza della Bielorussia, rispettivamente, alla Polonia o alla Russia. La tuteyshasts’ qui è opportunismo, sottomissione, prontezza ad adattarsi a qualsiasi potere e tradire gli ideali del popolo. L’opera, tra l’altro, è stata vietata fino agli anni ’80.

Invece 65 anni dopo, con l’inizio del cosiddetto Secondo Rinascimento bielorusso, che per molti aspetti ha ripetuto i processi del Primo Rinascimento – creazione della nazione all’inizio del secolo (vedi Svyadomy), – la tuteyshasts’ ha cambiato le sue connotazioni ed è diventata quasi sinonimo di auto identificazione bielorussa. La «Tuteishyya» è un’associazione letteraria del 1986, che ha unito gli scrittori bielorussi che ora sono diventati classici della letteratura contemporanea. «Ya naradziŭsya tut» («Sono nato qui») è un leggendario album, opera comune di artisti bielorussi del 2000, definito dalla critica «un evento storico non solo per la cultura della canzone bielorussa, bensì per il paese in generale». TUT.by è il principale portale di notizie bielorusso. «Tuteishyya» è il nome di un bar aperto nel 2014 (e chiuso nello stesso anno), il primo a tentare di «non realizzare l’interno nazionale con paglia, filatoi e brocche di argilla, ma riprodurci la cultura urbana dei primi del Novecento» (P. Sverdlou. Perché i bar «rinascimentali» si spengono appena due mesi dopo la loro apertura . KYKY. 1° luglio 2015). E ce ne sono molti esempi simili.

2. Spadàr

Signore

Ritratto di uno sconosciuto. Dipinto di Kondraty Korsalin. Gli anni Quaranta dell’Ottocento.
Source: Pinacoteca Nazionale della Repubblica di Belarus via Arzamas

Un modo gentile di rivolgersi in bielorusso a un uomo (la forma femminile è spadarynya, a un gruppo di persone vi si rivolge con spadarstva). La parola spadar è nata come risultato della graduale semplificazione della parola gaspadar («signore, padrone»), simile al sudar’ russo derivato dal gosudar’, sovrano. I linguisti hanno opinioni diverse sulla storia di questa parola: i suoi primi usi nei testi risalgono alla fine del Medioevo. Tuttavia, la parola iniziò ad essere usata come modo di rivolgersi probabilmente solo durante l’occupazione tedesca della Bielorussia durante la seconda guerra mondiale. A quanto pare, però, non era molto diffusa allora.

Col passar del tempo, lo stigma collaborazionista sulla reputazione di questa parola è sbiadito e con la dissoluzione dell’ideologia sovietica gli spadar sono tornati alla lingua bielorussa per sostituire gli estinti tavaryshy («compagni») e i gramadzyane («cittadini»), mentre in russo il loro posto è rimasto vuoto.

A differenza della maggior parte dei modi di rivolgersi ad altri in altre lingue europee, lo spadar può essere utilizzato sia con il cognome (spadar Yankoŭski) sia – ancora più spesso – con il nome (spadar Yagor); nella terza persona con tutti e due (spadarynya Nina Baginskaya).

3. Pamyarkoўnasts’

Mansuetudine, moderazione, arrendevolezza, pazienza, conformismo

Nella prigione. Dipinto di Nikodim Silivanovich, 1874.
Source: Collezione aziendale della Belgazprombank via Arzamas

Una parola difficile da tradurre, che denota, come si crede comunemente, una delle principali caratteristiche dei bielorussi. I dizionari come equivalenti traduttivi offrono «mansuetudine», «duttilità», «modestia», «arrendevolezza», «benevolenza», «moderazione», ma non è la stessa cosa: più vicino al significato vero sarebbe, forse, «conformismo», «docilità», «rassegnazione» o un analogo osceno dell’espressione «non-rompiscatolismo». Ma la migliore illustrazione della pamyarkoŭnasts’ sono due principali barzellette locali:

1. Una volta alcuni scienziati hanno deciso di condurre un esperimento. In una stanza buia hanno messo uno sgabello da cui spuntava un chiodo. Ci si siede sopra un russo. Salta in piedi, impreca, fa a pezzi la panchina. Poi ci si siede un ucraino. Salta in piedi, tira fuori il chiodo, se lo mette in tasca: «Mi potrebbe servire dopo». Ci si siede sopra un bielorusso. Lancia un «ahi», si agita, poi dice pensieroso: «E se dovesse essere proprio così?»

2. Hanno impiccato un tedesco, un russo e un bielorusso. Il tedesco è morto subito, il russo ha sussultato a lungo, ma è morto anche lui. E il bielorusso sta lì appeso e resta vivo. Gli chiedono: come hai fatto a sopravvivere? Il bielorusso risponde: «All’inizio stringeva così forte, poi niente, mi ci sono abituato».

Quando nel 2010 la giornalista Irina Chernyavko annunciò un concorso per la migliore idea di un simbolo della Bielorussia per un magnete fatto di argilla polimerica, allora frittelle di patate, cicogne, furgoni cellulari della polizia e così via persero con un ampio margine contro la sedia con un chiodo.

I bielorussi amano ironizzare sulla loro pamyarkoŭnasts’. Sul sito umoristico di notizie Partzia pamyarkoŭnyh tsentrystaŭ (PPTs), Partito dei centristi conformisti, scritto in trasyanka (vedi Zhestachaishe), viene assegnato il premio «Pamyarkoŭnasts’ dell’anno». Una delle poche frasi alate bielorusse – agulnaya mlyavasts’ і abyakavasts’ da zhytstsya («apatia totale e indifferenza verso la vita»), tratta dalla pubblicità televisiva per l’assistenza psicologica di emergenza della fine degli anni ’90, si adatta bene al contesto della Pamyarkoŭnasts’ (e suona alla grande allo stesso tempo). Nella parodia del libro su Harry Potter «Porry Gatter. Nove imprese di Sen Aesli [analogo di «Ron» Weasley – N.d.T.]» degli scrittori bielorussi Andrei Zhvalevsky e Igor Mytko, è menzionato un raro incantesimo straniero che ha effetto calmante «Useagulnaya-mlyavasts’-i- abyyakavasts’-da-zhytstsya».

Una manifestazione di pamyarkoіnasts’ sono anche principi della vita come «beh, lo capite tutto», «non mi riguarda» e «purché non accada qualcosa di brutto». Quest’ultimo – insieme a «purché non ci sia la guerra» – è molto importante per i bielorussi, soprattutto quelli delle generazioni più anziane, come parte del concetto di stabilità (non è un caso che anche il paese stesso venga spesso chiamato ironicamente «Isola della stabilità», una citazione di Lukashenko).

Durante le proteste dell’agosto 2020, i bielorussi hanno fatto molti post sui social, esprimendo sorpresa che la pamyarkoŭnasts’, a quanto pare, abbia i suoi limiti.

4. Shchyry

Sincero, cordiale, diligente

Un soldato con un ragazzo. Dipinto di Nikodim Silivanovich, 1866. 
Source: Pinacoteca Nazionale della Repubblica di Belarus via Arzamas

In contrasto con la pamyarkoўnasts’, che è piuttosto percepita come una proprietà negativa, la shchyrasts’ è la principale qualità positiva dei bielorussi. Anzi, questa parola ha tutta una serie di pregi. Shchyry è «sincero», «franco» e «aperto», ma allo stesso tempo è anche «cordiale» e «ospitale». Un amico fedele è shchyry, un amante incallito di qualcosa è shchyry, le conversazioni sincere e franche sono shchyryya, anche una sorpresa sincera è shchyraya. Se una persona è molto grata, non solo dzyakue, ringrazia, ma shchyra dzyakue, ringrazia cordialmente. Se lavora diligentemente e coscienziosamente, significa che lo fa shchyra. Anche una foresta composta dalle stesse specie di alberi, così come l’oro zecchino senza additivi saranno shchyryya. A volte, tuttavia, shchyry significa anche «semplicione» e «credulone», ma questo, in generale, ad un certo punto non è male. Insomma, shchyry è genuino in tutte le sue manifestazioni, e la shchyrasts’ è il possesso di tale qualità.

Insieme con shchyrasts’ di solito c’è un’altra qualità: hodnasts’. La hodnasts’ non significa solo termine di scadenza, «da consumare prima di», ma ha anche un altro significato: «dignità» e «rispetto di sé», ovvero il lato positivo della pamyarkoŭnasts’. Si deve portare la propria croce hodna, con dignità. Le canzoni che si cantano affrontando il pericolo, devono essere quelle hodnyya. Togliersi le scarpe quando si sale sulle panchine durante un’azione di protesta non è pamyarkoўnasts’ (perché «non è consentito arrampicarsi con le scarpe su una panchina»), ma hodnasts’ («è una cosa indecente arrampicarsi con le scarpe su una panchina»). E anche la strofa finale della suddetta poesia «Khto ty hetky» («Chi sei?») parla della hodnasts’:

Cosa vorresti essere?
– Vorrei non essere una bestia … 

A proposito, un altro significato di hodnasts’ è «titolo»: titolo di cittadino onorario, di artista popolare, di dottore in scienze, di maestro, di archimandrita e di qualsiasi altra insegna di dignità.

5. Kalykhanka

Ninna nanna

Dzed Baradzed. Un’immagine tratta dal programma per bambini «Kalykhanka» («Ninna nanna») del canale televisivo «Belarus-3».
Source: © Radiotelevisione bielorussa via Arzamas

Kalykhanka significa «ninna nanna» ma è anche il nome di un programma televisivo bielorusso simile alla «Buona notte, ragazzi, dormite bene» russa. La canzone «Dougi dzen» («Una lunga giornata») della sigla finale con il ritornello «ninna nanna, ninnaò, /chiudi chiudi gli occhi tuoi» fa provare un attacco di nostalgia dell’infanzia a centinaia di migliaia di bielorussi. È stata persino cantata durante le proteste nell’agosto-settembre 2020, proponendo però ai bielorussi di aprire gli occhi.

Il personaggio pupazzo Dzed-Baradzed (un arzillo vecchietto barbuto), amato da alcuni bambini, temuto da altri, fino a farli piangere; il conduttore della Kalykhanka, chiamato Malyavanych, «pittoruccio»; l’alieno PatsaVatsa, che conduceva la trasmissione «Il club dei cartoni animati» negli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000 (e che di tanto in tanto risorgeva nello spazio mediatico recente, e inoltre veniva riportato sui calzini), tutti quanti rappresentato un pantheon dei bielorussi della tarda generazione sovietica e post-sovietica.

6. Mova

Lingua

La Bibbia stampata da Francysk Skaryna di Polatsk, il primo stampatore di libri in bielorusso che tradusse la Bibbia nella versione bielorussa della lingua slava ecclesiastica. Praga, 1517.
Source: Wikimedia Commons via Arzamas

Sebbene letteralmente mova significhi semplicemente «lingua», nel discorso bielorusso, se proprio non si specifica di quale lingua si tratti, questa parola è usata in relazione alla lingua bielorussa. Esempi ne sono manifesti sociali «ma-ma = mo-va. Ami la tua mamma?», domande come «Come si dice “bollitore” in mova?» (vedi sotto), commenti sotto le notizie – sia russi che bielorussi – che vanno da «avete già rotto con la vostra mova» a «che bello leggere una notizia in mova». 

Agli intellettuali che parlano bielorusso, per i quali mova è solo una «lingua», tale uso dà fastidio (non meno dello sbrigativo belmova, che deriva dal nome scolastico della disciplina «la lingua bielorussa»). Un simile uso è associato al pensiero coloniale: perché non prendiamo una parola dalla lingua degli aborigeni per designare con questa proprio la loro parlata? E se degli usi del genere come «parlare English» includono almeno il nome stesso della lingua, allora per molti bielorussofoni l’uso di «mova» in questo senso sembra una follia («Com’è piacevole leggere le notizie nella lingua!») e mostra chiaramente quanto rodnaya mova, la lingua materna, sia diventata estranea per gli stessi bielorussi.

Un fenomeno simile è l’uso di parole bielorusse per nominare vari centri e locali: bagno pubblico «Laznya» (appunto, significa «bagno pubblico»), caffè «Kavyarnya» (caffè in bielorusso), ecc. Tutto ciò fa ricordare ai bielorussofoni anonimi bagni pubblici e mense comunali del periodo sovietico. Si combattono battaglie addirittura tra i madrelingua bielorussi. Il problema è che ci sono due lingue bielorusse (ecco perché ci sono due «Wikipedie» bielorusse). La scissione avvenne dopo la riforma del 1933: formalmente si trattava solo di ortografia, ma in realtà le modifiche interessarono tutto, dalla grammatica al lessico.

Quindi, nelle comunità virtuali continuano le discussioni sulla variante della lingua bielorussa da usare: quella ufficiale scolastica, imbastardita a causa della russificazione, oppure quella di pre-riforma, ma meno familiare alla gente comune. Come anche le discussioni su quali parole possano essere usate o meno, e che cosa significhino davvero. Continua la battaglia del secolo: usare parole prestate dal russo o dal polacco, neologismi inventati o arcaismi tornati in uso? La parola bielorussa harbata significa un tè qualsiasi, mentre la parola čai è un prestito dal russo? Oppure harbata è un tè solo a base di erbe, invece quello normale si dice appunto čai in bielorusso? [il tè in polacco si dice herbata e in russo čai – N.d.T.] Si chiede se per prepararlo si usi harbatnik, čainik, imbryk o forse zaparnik e se ne dobbiamo distinguere per il significato di un bollitore e una teiera). Se chi conduce l’autobus, sia un wadzitsel russo o un kiroŭtsa polacco? Se indossiamo trusy (un prestito russo per mutandine) o maitki, futbolki (che è un russismo per magliette, quindi, non va bene), tsishotki / tyshotki (neologismo basato sul prestito inglese T-shirt, quindi malissimo!) oppure sakolki (finalmente, parola nostra, ma davvero, significa una maglietta o piuttosto una canottiera?). Se dobbiamo scrivere sudz’dz’ya («giudice») e s’vin’nya («maiale») con la lettera ь, segno debole (ossia secondo la grafia pre-riforma chiamata tarashkevitsa; questa trasmette meglio la pronuncia, ma le parole sono più ingombranti) o suddzya e svinnya senza questa.

7. Zhestachaishe

In modo irriducibile

Aleksandr Lukashenko falcia l’erba sul territorio della residenza ufficiale del presidente della Bielorussia «Ozerny» nel centro abitato rurale Ostroshitsky, 2015.
Source: © Andrey Stasevich / Diomedia via Arzamas

Se le parole bielorusse presentate sopra sono proprio di lingua bielorussa, questo è un esempio di parola in trasyanka: una parlata mista russo-bielorussa con la pronuncia bielorussa e con la grammatica e il vocabolario prevalentemente russi. La trasyanka è emersa nel secondo dopoguerra a causa della politica di russificazione e dell’urbanizzazione: allora gli abitanti dei villaggi che parlavano dialetti bielorussi si trasferivano nelle città in cui si parlava la lingua russa e cercavano anche loro di assimilare il russo.

Certamente, non sono riusciti a impararlo a perfezione, dunque hanno trasmesso una parlata ormai mista ai loro figli, che, così, sono diventati madrelingua di trasyanka. Nella società bielorussa, la trasyanka è associata agli abitanti dei villaggi o ai cittadini poco istruiti: operai o debosciati della periferia. Negli anni 2000, la trasyanka è penetrata anche nella cultura satirica popolare. Ad esempio, appare un programma per adulti «Kalykhanka», una parodia della già citata «Kalykhanka» per bambini, che è condotto da Sasha e Sirozha (quest’ultimo è Serghei Mikhalok, il leader del gruppo punk rock «Lyapis Trubetskoy»): due uomini semplici che trattano, in trasyanka, dei temi di attualità: dai denti del giudizio al glamour. Presto esce un disco con le loro canzoni scritte in trasyanka, con simili temi e realtà: dramma nella mensa di una fabbrica, la festa di capodanno con una scatola da alicette e un calzino bucato, sentimenti per una ragazza della porta accanto, nel contesto dell’orzo perlato e delle polpette. Dopo appare il gruppo «Il cuore infranto del ragazzo». Сome suggerisce il nome, i personaggi qui sono un po ’diversi: «Hai amato un debosciato, hai amato un alcolizzato», «Una bottiglia in mano, come si fa tra la gente», «Tramonto rosa, fratello mio»).

«Il cuore infranto del ragazzo». «Hai amato un debosciato, hai amato un alcolizzato».
Source: LIVESPOT

Ma la parola stessa zhestachaishe non è solo un vocabolo qualsiasi in trasyanka o una citazione dalle canzoni scritte in questa parlata. È una parola usata da Lukashenko. Non parla infatti la trasyanka (la sua grammatica e il suo vocabolario sono russi), ma il forte accento bielorusso nel suo parlare non poteva che diventare oggetto di parodie. Zhestachaishe è una parola che usa spesso, che è entrata nel discorso bielorusso con il significato del grado estremo o massimo di qualsiasi cosa: un fatto zhestachaishy è quello al cento per cento, l’hard metal, zhestachaishy è musica rock molto buona. Oppure se qualcosa è andato storto: un rinnovamento zhestachayshy (vedi Dazhynki), una promozione zhestachayshy. Tra altre parole ed espressioni chiave dell’epoca, prese in prestito dal linguaggio di Lukashenko e utilizzate attivamente nella parlata quotidiana sono: ashchushcheniya («sensazioni»; potrebbero essere ashchushcheniya diverse da quelle che ci si aspettava; oppure potrebbero essere ashchushcheniya di una festa), hto-ta ŭrot («qualcuno sta mentendo»), nastayashchy («reale») e peratrakhivats’ («revisionare»).

La trasyanka (la cui pronuncia si trascrive in grafia) è spesso usata per presentare un’immagine parodistica di Lukashenko e di altre persone filogovernative. Ad esempio, il giornalista Ales Piletsky utilizza questa tecnica nelle sue miniature del ciclo #davaipaka (ci vediamo, ciao) sulle conversazioni telefoniche del presidente:

Aleksandr Grigorievich, pronto! Riesce a sentirmi?
Dimmi, dimmi. Sono qui. Cosa ci è successo?
Una riSoluzione del Parlamento europeo, Aleksandr Grigorievich.
Una riVoluzione nel Parlamento europeo? Ma senti un po’!

8. Svyadomy

Consapevole

Partecipanti alle proteste dell’opposizione a Minsk, 2020. 
Source: © Sergey Bobylev / TASS / Diomedia via Arzamas

Sebbene la parola svyadomy si traduca letteralmente come «cosciente», ora è usata più spesso in un significato diverso. La sua storia è più o meno la stessa di quella della parola ucraina svidomy, meglio conosciuta in Russia: ancora all’inizio del XX secolo divenne un epiteto per persone con un alto livello di autocoscienza nazionale. Infatti, la parola stessa svyadomy deriva dalla parola svyadomasts’, «coscienza», che è stata spesso usata nel significato di «autocoscienza»; ha la stessa radice della parola russa osvedomlionny, ben informato. Queste persone coscienti sostenevano uno stato bielorusso indipendente, si esprimevano a favore dell’uso della lingua bielorussa nella vita quotidiana, dello sviluppo della cultura bielorussa, ecc. Probabilmente, la parola svyadomy è tornata in uso attivo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 sull’onda dell’anticomunismo e delle proteste democratiche nazionali, diventando, di fatto, usata in plurale, la designazione degli intellettuali di orientamento nazionale.

Tuttavia, dopo la vittoria di Lukashenko alle elezioni presidenziali a metà degli anni ’90, questa parola ha acquisito connotazioni negative nel linguaggio del potere: Lukashenko e i suoi sostenitori, hanno preso a chiamare con disprezzo sviadomye qualsiasi tipo di opposizione, e la presenza di questa parola in un articolo di cronaca o d’opinione in russo (ma non in bielorusso!) ora indica in modo inequivocabile un orientamento politico ben chiaro del suo autore. Interessante è il percorso semantico che questa parola ha passato: da un significato decisamente positivo nella lingua bielorussa a una connotazione estremamente negativa in russo. 

La storia della parola zmagar («combattente») è molto simile: nella lingua bielorussa è usata in modo neutrale in qualsiasi contesto, simile al «borets» russo, appunto combattente, ma nel discorso filogovernativo di lingua russa, la parola zmagary inizia ad essere usata sempre come un nome offensivo per l’opposizione, mentre il neologismo zmagaryzm significa nazionalismo bielorusso nel discorso dei suoi oppositori.

9. Bulba

Patate

Bulbashi. Dipinto di un artista bielorusso sconosciuto. Prima metà del XX secolo.
Source: Galleria di pittura «Raritet» via Arzamas

Lo stereotipo sull’amore dei bielorussi per le patate è così banale e trito che addirittura non sarebbe il caso di menzionarlo qui. Tuttavia, questo stereotipo non vive solo all’esterno, nelle idee di altre persone sui bielorussi, ma ormai è perfettamente radicato anche all’interno: i bielorussi scherzano con entusiasmo e fanno dei memes sulle patate. La canzone «Potato aka Bulba» partecipato alla selezione nazionale per «Eurovisione-2019». L’ufficio bielorusso del motore di ricerca «Yandex» ha pubblicato lo studio «Scherzi a parte: cosa cercano i bielorussi su Internet sulle patate». Sulla pagina virtuale «Tè con marmellata di lamponi», insieme a eventi importanti, si parla di notizie secondo cui la regina Elisabetta II si rifiutò di mangiare patate o che i residenti di una delle case di Kiev piantarono patate su un’aiuola al posto dei fiori. Un altro modo di dire bielorusso, oltre a agulnaya mlyavasts’ і abyakavasts’ da zhytstsya («apatia totale e indifferenza verso la vita»), usato anche nel linguaggio russo, è havaisya ў bulbu («nasconditi tra le patate»), che significa che è accaduto qualcosa di estremamente spiacevole. Il soprannome di bulbashi – sebbene sia arrivato dal di fuori e non venga mai usato da bielorussi come etnonimo – in fondo non offende i bielorussi: lo conferma la vodka Bulbash prodotta a Minsk.

Anche i piatti a base di patate sono molto importanti. La specialità nazionale sono, ovviamente, draniki, le frittelle di patate grattugiate con o senza carne o altri ripieni. I media bielorussi a volte misurano l’inflazione in base all’indice delle patate: c’era una vera caccia ai calzini dell’azienda Mark Formelle con draniki stampati su uno e smyatanka, la panna acida, sull’altro, perché andavano a ruba e finivano subito. Le discussioni sulle ricette (farle con o senza farina, con o senza cipolla, ecc.) non sono meno animate della battaglia russa di okroshka, zuppa fredda, uno dei tipici piatti russi. La domanda sulle frittelle di patate cucinate in modo autentico è stata persino posta ai potenziali candidati alla presidenza nelle elezioni del 2020 e, discutendo la risposta del candidato oppositore Viktar Babaryka, l’Euroradio ha concluso: «Ma il cuore di chi non riesce a immaginare le frittelle di patate senza farina, uova o cipolle è ormai spezzato. Perché non si scherza con le frittelle di patate. Draniki è una cosa seria. È sacra!»

Forse c’è solo una domanda che divide i bielorussi in due campi ancora più della ricetta delle vere frittelle di patate: quale latte condensato è quello vero, autentico, quello prodotto nella città di Rogachev o quello della città di Glubokaye? Ovviamente, ci sono calzini anche con stampata sopra l’immagine del latte condensato bielorusso.

10. Belarus’

[nome del Paese – N.d.T.]

Mappa della Bielorussia. Minsk, 1918.
Source: Wikimedia Commons via Arzamas

È piuttosto strano trovare il nome del paese nell’elenco di parole che aiutano a capire la cultura nazionale. Eppure, questo è proprio un caso del genere.

Nel settembre 1991, nell’allora Repubblica socialista sovietica bielorussa (BSSR), è stata approvata una legge secondo la quale d’allora innanzi il paese doveva essere chiamato Belarus, e il nome non sarebbe stato tradotto in altre lingue, ma traslitterato proprio da questa versione. È successo davvero ad alcune lingue: le traduzioni inglesi Byelorussia (da cui il dominio .by) e la Belorussia sono state trasformate presto in Belarus (ci è voluto un po’ più tempo per il nome della lingua). Invece in altre è rimasta la traslitterazione della variante russa di questo nome, come la Biélorussie in francese, oppure addirittura il calco del nome russo, come Weißrussland, «Russia Bianca», in tedesco (quest’ultimo è stato abbandonato solo nel 2020). Nel 1995, il russo ha ricevuto lo status di seconda lingua nazionale in Bielorussia, dopo di che il nome Belarus è stato registrato nel documento ufficiale in lingua russa. Tuttavia, in Russia è stato adottato a stento. Per la maggior parte dei bielorussi, soprattutto quelli nati nella seconda metà degli anni ’80 e successivi, la variante Belorussia è sovietica, obsoleta. Sono pronti a sospettare i russi che lo usano di mancanza di rispetto e addirittura di ambizioni imperiali.

Per molti russi non ce n’è niente di politico, è solo una questione di abitudine e tradizione ortografica. Nel mese di marzo 2020 si è diffusa una battuta sul coronavirus secondo la quale questo sarebbe stato appositamente creato dai bielorussi, in modo che i russi finalmente ricordino che la vocale a di connessione esiste [appunto, coronavirus; si allude alla differenza tra la versione bielorussa del nome del paese, Belarus, e quella russa, Belorussia – N.d.T.]. Negli ultimi anni alla questione del nome del Paese si è aggiunto un problema più complesso, quello sull’ortografia dell’aggettivo e quindi del nome della nazionalità da esso formato: poiché questi non sono più nomi propri, sono inclusi nei dizionari e, di conseguenza, l’ortografia con la a non può essere considerata altro che un errore di ortografia … Tuttavia, i media bielorussi di lingua russa utilizzano sempre più versioni per la parola «bielorusso»: belarus, belarusskij, e addirittura belaruskij.

Le infinite discussioni, che si ripetono con monotonia nei commenti, su come scrivere il nome dello Stato bielorusso (entrambe le parti opposte hanno poco meno di 10 argomentazioni classiche a favore della propria versione) sono diventate così culturalmente significative che hanno persino ottenuto il loro nome offensivo – bulbosrach, un dibattito provocatorio accompagnato da insulti e parolacce nei confronti degli opponenti (vedi Bulba). Nell’agosto del 2020, durante le proteste politiche in Bielorussia, alcuni media russi e singoli utenti che sostenevano i manifestanti, hanno scelto di scrivere tutte e tre le parole (Belarus’ come nome dello Stato, gli aggettivi belarus, belarusskij) appunto con la lettera a, il che il poeta russo Lev Rubinstein ha elegantemente definito come empatia ortografica.

In testi giornalistici di dubbia qualità spesso ci si può trovare il nome metaforico della Bielorussia: il Paese dagli occhi azzurri (a causa del gran numero di laghi). Allo stesso tempo nei testi informali critici, i bielorussi spesso citano con ironia delle perifrasi usate nei discorsi politici e nella pubblicità sociale: Il paese per la vita, L’isola di stabilità, Kvitneyuchaya, il paese in fiore) e altri.

11. Shuflyadka

Cassetto

Mikhail Meleshko, archivista bielorusso, storico, etnografo e scrittore nel suo ufficio. Minsk, 1927.
Source: Archivi statali bielorussi di documenti fotografici, fonografici e cinematografici via Arzamas

Sopra sono state riportate parole bielorusse e quelle in trasyanka. Ora invece vi presentiamo una parola russa, più precisamente, una parola di lingua russa regionale. Non è un segreto che la maggioranza assoluta dei bielorussi parli russo, ma il russo bielorusso – come pure la lingua di varie località russe – differisce in qualche modo dalla norma letteraria. Oltre all’accento bielorusso di varia forza che è presente tra le generazioni più anziane e gli abitanti delle piccole città, nel russo bielorusso ci sono decine di regionalismi, vuol dire parole che non si usano (o quasi) al di fuori della Bielorussia. Di alcune di queste i bielorussi ne sono fieri e se ne vantano con i loro amici russi. L’esempio più famoso sarebbe shuflyadka, un cassetto (anche in russo ucraino c’è, ma in una versione un po’ diversa, shuhlyadka). Molti non si rendono nemmeno conto che la maggior parte dei regionalismi non sono parole russe comuni: una shilda, targhetta («un segno su un edificio o un ufficio»), golf («dolcevita»), s bolsheva («principalmente»), ssoboyka, pranzo al sacco («cibo che viene portato con sé in ufficio o a scuola»), stirka oppure, più raro styorka, per cui in Russia da alcune parti si usa una propria parola locale lastik («gomma da matita»), hapun («detenzione di massa da parte della polizia» oppure «il fare una razzia di merci nei negozi»), lyasnutsya («cadere, farsi male, rompersi, impazzire»), lahats’ («ridere di qualcosa», una parola popolare), tikhar’ («agente di sicurezza in borghese»), dare un buska («dare un bacino», più spesso in comunicazione con i bambini), rasburit’ («distruggere», nel linguaggio dei bambini), matematitsa, rusitsa, ecc., invece del russo matematichka e rusichka [un nome gergale per le professoresse di matematica e di lettere russe a scuola – N.d.T.] e tante altre parole.

Alcuni di questi regionalismi entrati nel russo parlato dei bielorussi provengono dalla lingua bielorussa, di cui alcuni, a loro volta, dal polacco, il quale li aveva adottati dal tedesco, ad esempio, shuflyadka e shilda. Alcuni altri, come ssoboika e golf, sono nati direttamente in lingua russa.

12. Dazhynki

un festival dei contadini dedicato alla fine della raccolta

La festa di Dazhynki alla città di Glubokaye,1934.
Source: Narodowe Archiwum Cyfrowe via Arzamas

Dazhynki è una festa della fine della raccolta (precisamente la fine della mietitura nel calendario popolare russo, ci sono anche varianti di Obzhinki, Otzhinki e Pozhinki). In Bielorussia, Dazhynki, come anche Zazhynki, la festa del primo covone, erano celebrate fin dai tempi antichi e la tradizione rimase assolutamente viva in epoca sovietica.

Nella Bielorussia odierna la celebrazione di Dozhinki è passata sotto il patronato dello stato. Ogni anno viene eletta la capitale di Dozhinki (prima una, ora sei, una in ogni regione) e iniziano i preparativi con il massimo sostegno da parte dello stato. La celebrazione stessa che consiste nella premiazione dei vincitori di vari concorsi agricoli, mostre di artigiani, cortei di collettivi degli operai e un raduno con la partecipazione del presidente della repubblica, addobbi festivi (sculture di paglia, emblema statale fatta di ortaggi, salsicce e simili) diventa solitamente occasione per ironia e maldicenza da parte dei residenti delle grandi città.

La propensione dell’apparato statale a un simile stile di iniziative ha preso il nome di agrotrash. Agrotrash, agrostyle, agroglamour, agrorinascimento: l’amore per le formazioni con il prefisso agro è apparso tra i bielorussi a metà degli anni 2000, dopo la trasformazione di una serie di ex paesini in agrocittà (un nuovo tipo di insediamento rurale) e l’avviamento verso la divulgazione dell’agriturismo nell’ambito del programma di rilancio e sviluppo dei borghi. Allo stesso tempo, agrotrash non è necessariamente associato alla vita rurale: si può trattare di appartamenti decorati in modo appariscente (un fenomeno simile in Russia è noto come «chic colcosiano», ovvero dell’azienda agricola collettiva), di addetti ai servizi comunali che usano il color rosa per rinfrescare le mura dei palazzi, dei camion con campioni di impianti idraulici alla parata il giorno dell’Indipendenza, di bancarelle con articoli di largo consumo alle feste cittadine e varie altre manifestazioni.

Una sorta di opposto all’agrotrash è ciò che può essere descritto dall’aggettivo bielorusso vykshtaltsony. Questa parola è stata presa in prestito dalla lingua polacca, ma nel corso di sviluppo linguistico ha cambiato significato: il wykształcony polacco è semplicemente «istruito», mentre in bielorusso copre tutta una serie di significati che corrispondono grosso modo ai concetti russi di «elegante», «aggraziato», «delicato», «raffinato».


L’autore ringrazia sinceramente Yana Vladyko, Maria Badei, Maria Aksyuchits, Yulia Golyak, Lyubov Vylinskaya e Alena Petrovich per la discussione, i consigli e il sostegno.